Nel territorio della diocesi di Albenga-Imperia, la personificazione del mese di Gennaio compare nei cicli dei mesi in San Pantaleo di Ranzo e nel Santuario di Rezzo, e su una tavoletta del soffitto ligneo di San Giovanni Battista a Diano Castello[1].
Le raffigurazioni dei lavori agresti associati ai mesi dell’anno sono già presenti nella cultura classica; esse però, come altri motivi figurativi, con il Cristianesimo si caricano di nuove valenze. Innanzitutto il tempo viene sacralizzato; per i teologi, infatti, l’anno, composto di dodici mesi, a loro volta riuniti in quattro stagioni, è figura di Cristo, dei suoi Apostoli e dei suoi Evangelisti[2]. Dall’altra parte la fatica quotidiana, che nei primi secoli del Cristianesimo è concepita quale inevitabile condanna per la colpa originaria, viene successivamente rivalutata quale via per la redenzione e come tale è rappresentata nei luoghi di culto medievali[3].
Ogni mese dell’anno si caratterizza per una propria iconografia e viene raffigurato di preferenza attraverso personificazioni o scene che riassumono aspetti lavorativi, sociali, culturali tipici del periodo. All’interno di un mondo pre industriale, le occupazioni effigiate sono soprattutto quelle relative all’ambito agro-silvo- pastorale, ricorrenti nella maggior parte dei cicli, con varianti legate soprattutto alle differenti condizioni climatiche ed ambientali, in grado di influenzare la scansione annuale delle attività[4]. I mesi possono anche essere accompagnati dai segni zodiacali – nello specifico per Gennaio il simbolo dell’acquario-; al ciclo terrestre dell’anno corrisponde così il ciclo celeste[5].
Durante il Medioevo, nel mondo contadino, Gennaio è associato all’idea delle feste, al relativo riposo dal duro lavoro nei campi durante il “sonno” invernale della natura. Inoltre, per le comunità rurali, nel periodo compreso tra Natale e l’Epifania, si concentrano le scarse possibilità di consumare pasti più copiosi, tanto che il mese si identifica spesso come un uomo maestosamente assiso di fronte ad una tavola imbandita. Tale arco di tempo è però anche il momento in cui tradizioni, dalle origini antiche, pre cristiane, riemergono e vengono rielaborate, confluendo anche in particolari rappresentazioni del primo mese dell’anno, raffigurato ad esempio con due corni per bere, oppure come un personaggio derivato da Giano bifronte, dotato di due volti, uno anziano ed uno giovanile, segno del passaggio tra l’anno vecchio e quello nuovo[6].
Una delle più frequenti personificazioni di Gennaio è poi quella dell’uomo seduto di fronte ad un focolare casalingo, dove un grande paiolo, simbolo dell’abbondanza, bolle sospeso su allegre fiamme bene in vista. La scenetta, chiusa all’interno di una casa riscaldata, rimanda al freddo, vero, che tutti potevano avvertire, ma è anche carica di significati rituali che nel tempo si sono persi o hanno cambiato significato se non aspetto. Ad ardere, di fronte alla figurina che gode del crepitare delle fiamme e del loro calore, è il fuoco che brucia nei riti di passaggio, quando il vecchio viene messo al rogo. Secondo antiche tradizioni si usava porre nel camino un ceppo, anche segno solare di forza, luce e calore, che doveva consumarsi lentamente fra Natale ed Epifania, le dodici notti che simboleggiavano i dodici mesi dell’anno a venire ed erano considerate periodo di presagi per il futuro[7]. Ed è proprio quest’ultima l’iconografia di gennaio che orna i luoghi di culto della nostra diocesi.
[Testo a cura di Anna Marchini]
Bibliografia
F. Cardini, Il libro delle feste, Ventimiglia 2003.
P. Giardelli, Il cerchio del tempo. Le tradizioni popolari dei Liguri, Genova 1991.
J. Hall, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano 2002.
J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante, Torino 1977.
E. Mâle, Origini del gotico. L’iconografia medioevale e le sue fonti, tr. it., Milano 1986.
A. Marchini, I cicli dei Mesi a Calderara e a Rezzo: problemi artistici e iconografici, in “Bollettino di Villaregia”, nn. XVI-XVII, 2005-2006, pp. 85-124.
C. Ripa, Iconologia, Milano 2005.
[1] Le seguenti considerazioni e bibliografia sono tratte da Marchini 2005-2006 pp. 85-124.
[2] Sicardo, Mitrale, P.L. t. CCXIII, col. 232. «Annus est generalis Christus cujus membra sunt quatuor tempora, scilicet quatuor Evangelistae. Duodecim menses sunt Apostoli… », v. Mâle 1986, nota 11, p. 103.
[3] Le Goff 1977 pp. 81 – 91 e bibliografia; mâle 1986, p. 81.
[4] Mâle 1986, p. 84
[5] Hall 2002 p. 143.
[6] Mâle 1986, p. 83. Come spiega ancora fra XVI e XVII secolo Cesare Ripa nella sua ’Iconologia: “ Questo mese & il secondo furono aggiunti all’anno di Romolo da Numa Pompilio, & chiamato da Iano Ianuario perché si come Iano si fa con due faccie, così questo mese quasi con una guarda il passato, & con l’altra il principio di quello, che hà da venire.” Ripa (ed. 2005), p. 280.
[7] “ (…) nel calendario tradizionale europeo il periodo che apre l’anno (…) è quello detto delle “dodici notti” tra il Natale e l’Epifania (…) In questo periodo, si traggono così per dire le sorti dell’anno nuovo: ogni giorno simboleggia e compendia un mese (…) Cardini 2003, p. 115; “ (…) ceppo che doveva consumersi lentamente nel camino fra Natale ed Epifania “ Cardini 2003, p.123; “ (…) come il sole compie il suo giro apparente attorno alla terra in dodici mesi. Il grosso, stagionato ciocco dona agli uomini gli stessi doni del sole, cioè luce e calore (…) Il ceppo che nel camino si consuma è il vecchio sole che muore nel solstizio d’inverno. Ma subito dopo risorge, rinnovato: è il bambino di Betlemme (…) ” Cardini 2003, p. 150. Sui falò rituali, il ceppo e le dodici notti vedi anche Giardelli 1991, pp. 16-18.