Magda Tassinari
La prima importante immersione nel patrimonio tessile di una chiesa della diocesi di Albenga-Imperia la devo a Manuele Scagliola, storico dell’arte curatore di Villa San Luca-Collezione Luigi Anton Laura di Ospedaletti, giovane studioso interessato prevalentemente alle arti decorative in ambito internazionale, ma anche appassionato ricercatore delle vicende artistiche sul territorio ligure di ponente.
Non posso non dare inizio alla mia partecipazione in questo spazio di Formae Lucis senza ricordare Manuele, scomparso prematuramente lo scorso ottobre colpito da una malattia inesorabile. Devo al suo invito, risalente ormai a tre anni fa, la fortuna di aver scoperto la ricchezza e la bellezza del corredo tessile della parrocchiale di San Tommaso di Dolcedo, amena località dell’imperiese a un quarto d’ora di strada dalla costa. Manuele stava preparando, con la collaborazione del parroco don Carmelo Licciardello, un volume monografico sulla chiesa di Dolcedo, che era a buon punto: mancava il capitolo sui tessuti, argomento complesso per chi non l’ha mai affrontato a livello scientifico, e che stava suscitando in lui grande curiosità e una vera passione, tanto da progettare per gli splendidi manufatti un volume monografico a parte. Aveva però bisogno di conoscerne le caratteristiche e i segreti più profondi. Ci siamo incontrati a Dolcedo di persona una volta sola, anche a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, ma il lavoro di una giornata intera trascorsa in sacrestia ad aprire e svuotare cassetti, a osservare gli intrecci, a studiare il rovescio, ad analizzare fodere e galloni, a cercare confronti, ha creato i presupposti per una collaborazione scientifica intensa e costruttiva, e per una bella amicizia.
L’estate scorsa il libro su Dolcedo era pronto, ma l’insorgere e l’avanzare della malattia gradualmente annullavano il sogno di realizzare un secondo volume dedicato soltanto ai tessuti, che sono stati perciò inclusi nel volume in extremis nella speranza, ben presto purtroppo rivelatasi vana, che l’autore facesse in tempo a vederne la stampa.
Ternari, paliotti, servizi di pianete di damaschi di diversi colori dal Seicento in poi; paramenti settecenteschi in tessuti di varia provenienza attraverso i quali ripercorrere le innumerevoli varianti decorative dai colori più eccentrici e le complesse tecniche esecutive tipici di quell’epoca; raffinati ricami comprendenti anche i raffinato abiti della statua della Madonna e del suo Bambino. A cosa si deve una tale ricchezza di tessuti pregiati a Dolcedo? Scagliola lo spiega in un’ampia e approfondita analisi storica del territorio nel volume che uscirà la primavera prossima: “La prosperità economica di Dolcedo dipese essenzialmente dalla produzione e commercio dell’olio d’oliva e una tale agiatezza e benessere sociale permisero al villaggio una progressiva libertà politica che si concluse nel 1613 quando riuscì a ottenere la tanto anelata autonomia comunale da parte di Porto Maurizio, pur rimanendo sotto rigido controllo del dominio di Genova. L’aumento demografico verificatosi tra Seicento e Settecento comportò un progressivo allargamento del tessuto urbanistico d’impianto medievale e tardo-medievale, optando per la ricostruzione dei principali luoghi di culto, tra cui la chiesa parrocchiale interamente ricostruita in veste tardo-barocca tra la fine del Seicento ed il primo ventennio del XVIII secolo (..) La nuova parrocchiale di San Tommaso diveniva fulcro della nuova identità collettiva e luogo deputato per ostentare l’orgoglio sociale delle principali famiglie aristocratiche e borghesi di Dolcedo che fecero a gara per l’abbellimento dei vari altari con le relative compagnie. Quest’opera si manifestò mediante la commissione di opere pittoriche, stucchi o altri oggetti suntuari in argento o altri materiali, ma anche con i tessuti. (…) La chiesa parrocchiale, da luogo atavico delle tradizioni locali diveniva tempio delle nuove aspirazioni sociali, svolgendo la funzione di tesaurizzazione per accogliere tutto di quanto più prezioso (tra cui i più costosi argenti e tessuti) ed esprimere così il raggiunto benessere economico e sociale della comunità.”
Manuele Scagliola, La chiesa parrocchiale di San Tommaso Apostolo in Dolcedo e il suo patrimonio, Genova, Sagep 2024
MANUELE SCAGLIOLA ha studiato Storia dell’Arte presso l’Università di Firenze e l’Università di Stoccolma. Ha curato la catalogazione delle raccolte della Collezione Laura di Ospedaletti, seguita dall’edizione dei corposi volumi: Le ceramiche islamiche della collezione Laura, Torino [etc.], Allemandi, 2010, Le ceramiche dell’Asia orientale della collezione Laura, Allemandi 2012; Argenti europei nella collezione Laura, Cinisello Balsamo: Silvana, 2016. È autore di saggi sull’arte ligure. Nel 2014 ha pubblicato La Chiesa di Nostra Signora delle Grazie di Isolabona, per l’Istituto internazionale di studi liguri, Bordighera, prezioso trattato di storia dell’arte che non si limita ad analizzare la Chiesa ma rilegge tutta la val Nervia in generale tra XV e XIX secolo.