L’arte, oltre a essere conoscenza e a rappresentare il senso del bello, è anche un dono e se guardiamo con occhi attenti e appassionanti il logo di Formae Lucis, i due angeli raffigurati all’interno dell’Oratorio della Santissima Annunziata di Pietra Ligure, possiamo ulteriormente dire che quest’affermazione è proprio vera. Un angelo che offre all’altro angelo un fiore, un omaggio, quel dono ricolmo di bellezza e meraviglia che è l’arte stessa.
Due angeli, colui che mostra e che offre un qualcosa e il suo attento ricevente, un po’ come il rapporto tra chi scrive e chi legge, tra chi comunica e il suo appassioanto ricevente.
Questo, il 2 ottobre 2021, è un giorno così lieto e particolare, il compleanno di Formae Lucis che cade all’interno della ricorrenza dei Santi Angeli Custodi i quali ci proteggono, ci guidano, si stringono forte a noi donandoci loro stessi.
L’angelo custode è il nostro angelo e talvolta ce lo raffiguriamo nel corso del tempo con le nostre fattezze, con le ali sì ma come se fosse nostro coetaneo. E’ curioso infatti che l’allegoria del tempo mostra una sorta di angelo anziano, come se rappresentasse l’uomo nella sua fase ultima di maturità, quando ormai quello che c’è da scrivere sembra ormai essere giunto al termine. Gli angeli del logo di Forme Lucis sono invece due angeli bambini, come se fossero custodi diretti dei più piccoli, quegli esseri puri che guardano il mondo con meraviglia e infatti è proprio con gli occhi dello stupore che si guarda l’arte e la sua bellezza.
E possiamo dire che quando non esiste la meraviglia e non esiste la bellezza anche la luce purtroppo si affievolisce e si rischia di vedere intorno a sé sconforto e tenebra. Da sempre all’angelo si contrappone in diavolo, alla Forma della Luce si frappone la forma della tenebra. Da una parte chi ci tenta e dall’altra chi ci guida, da una parte chi vuole il nostro male e dall’altra chi ci difende.
A proposito di difesa l’angelo custode ci protegge quando meno ce lo aspettiamo e a proposito di questo mi piacerebbe raccontarvi un ricordo che risale al giorno 30 agosto di quest’anno. Era mattina e dovevo andare alla conferenza stampa su “Le Vele d’Epoca” che si sarebbe tenuta presso la sede del Comune di Imperia. Collaborando con Il Secolo XIX e lavorando a L’Eco della Riviera in qualità di vicedirettore, sarei dovuto andare.
Premettendo che abito a Oneglia e che mi piace passeggiare, per arrivare a destinazione avrei dovuto superare a piedi il ponte che collega l’argine destro a quello sinistro e continuare verso il Comune. Mi ero incamminato quando all’improvviso mi son trovato a una sorta di incrocio molto delicato. Dovevo percorrere il passaggio pedonale ma per farlo bisognava prestare molta attenzione alle macchine che, arrivando sia da nord che da sud per immettersi in via Antonio Delbecchi e raggiungere quindi Borgo San Moro, sfrecciavano come dei pazzi.
Il passaggio pedonale è molto breve ma possiamo altrettanto dire che sia molto intenso. Dovevo percorrerlo ma mi ero bloccato. Avevo visto un ragazzo con la sua moto che stava aspettando di attraversare la via perché le macchine che passavano non gli davano la precedenza. Lo guardavo attentamente, avevo paura che non arrivando più macchine lui si sarebbe scaraventato sulla strada proprio mentre stavo attraversando.
I secondi passavano e forse anche i minuti. Ero stufo. Tenni bene d’occhio il ragazzo che non si decideva a muoversi e passai. I piedi cominciarono a muoversi, ero sulle strisce pedonali. Non mi accorsi che in quel momento da dietro le mie spalle sbucò una macchina in corsa, silenziosa, letale. La vidi lambire i miei fianchi, percorrere le mie membra incredule, riflettere i miei occhi sulla sua fiancata. Non mi prese e sottoshock cercai di completare il passaggio pedonale quando sfrecciante alla mia sinistra comparve il ragazzo con la moto. Proprio lui.
Questione di attimi, di millimetri. Anche lui non mi prese. Ancora qualche passo e finalmente ero dall’altra parte della strada. Con la mente annebbiata continuai a camminare, dovevo raggiungere il Comune. Poi le impressioni si confusero con i pensieri e lo stato d’animo schiacciò completamente gli impegni e le altre cose. C’era un bar lì vicino, avevo bisogno di riflettere. Mi sedetti e presi una spuma. Cos’era successo e cosa avevo scampato? In quei giorni mi ero fatto un estenuante quanto avvincente piano di studi, avevo programmato in modo intenso di superare alcuni esami di Storia dell’Arte con l’obiettivo di insegnare nelle scuole. Avevo studiato il più possibile per dare gli esami nell’immediato che, mentre sorseggiavo la spuma, pensai: “Ma se mi avessero messo sotto, i miei progetti, le tempistiche immaginate, le corse per studiare, i sacrifici, a cosa sarebbero serviti?”.
Mi immaginavo già in un letto ospedaliero, magari con qualche frattura, se andava bene. Vedevo i miei traguardi rinviati, rimandati inesorabilmente. Fare dei piani, progettare, per cosa poi se in un attimo l’inconveniente può bussare alla nostra porta? Mentre stavo riflettendo su quanto era successo e su quanto avevo scampato, un uomo con le stampelle mi passò davanti. Aveva la gamba ingessata. Lento, dolente. Speravo che la sua condizione si potesse risolvere al più presto e allo stesso tempo pensavo se anche lui come me aveva provato ad attraversare una strada qualsiasi o addirittura la stessa che ho attraversato io. La sua visione era come una specie di monito: “vedi cosa può succedere quando pensiamo di avere tutto in pugno…”.
Mi affrettai a consumare la spuma riflettendo su quale fosse la chiesa più vicina. Era il Cristo Re.
Andai subito verso la chiesa. La porta era aperta. Entrai. Lì pregai. Un angelo… sicuramente un angelo mi ha salvato. Il mio angelo custode. Il tempo si era fermato, mi sentivo nel posto giusto al momento giusto. Ringraziai il Cielo.
Uscii e mi diressi al Comune per assistere alla conferenza stampa. Capii che non ero solo. Mi sono appuntato la data e quello che successe riportando il tutto qui, su questo foglio che state leggendo, per condividere questa esperienza e affinché non possa mai dimenticarla. Un fiore donato, un messaggio dato, non siamo soli…
Siamo protetti.
[Testo di Francesco Basso]